San Francisco Gay Men’s Chorus
{Singing for our lives, cantando per le nostre vite}

di Jupiter {Fashion Buyer} Milano

Il “bigottismo” durante la presidenza di Donald Trump, è risaputo, ha alimentato l’omofobia, ma sicuramente ha anche stimolato negli Stati Uniti, una nuova ondata di attivismo LGBT+. E durante questo risveglio, molte persone hanno capito che dovevano uscire allo scoperto, essere attive e più proattive politicamente.

Il San Francisco Gay Men’s Chorus è stato fondato nel 1978 in un momento in cui l’inclusione della parola “gay” era ancora controversa e quando il coro si è riunito per la prima volta, hanno ampiamente discusso su come chiamarsi, “Non possiamo avere la parola gay nel nome”, diceva qualcuno.

“Questo coro è iconico. Se si pensa che nel 1978, mentre esplodeva un’ondata di orgoglio, eravamo ancora in un periodo in cui si poteva essere licenziati ovunque per essere gay”

Le prime radici del coro si svilupparono semplicemente in un luogo in cui gli uomini gay si riunivano e cantavano, con una svolta durante il periodo dell’HIV / AIDS nei primi anni ’80.

Una famosa fotografia del 1993 ritrae 125 membri del coro, la didascalia recita:

“Gli uomini in bianco sono i membri sopravvissuti dell’originale coro dei San Francisco Gay Men’s Chorus. Gli altri rappresentano coloro che hanno perso contro l’AIDS”.

La foto è stata scattata da Eric Luse per il San Francisco Chronicle. Da allora, quasi 300 cantanti sono morti, la maggior parte a causa di complicazioni dovute all’AIDS. “Singing for Our Lives” della cantautrice americana Holly Near divenne da allora il cavallo di battaglia dei San Francisco Gay Men’s Chorus, ogni volta che salgono sul palco per esibirsi.

E’ in uscita, in questi giorni Gay Chorus Deep South, un film del regista David Charles Rodrigues, che ha seguito il coro, nel suo tour durante il primo anno di presidenza Trump, in risposta ad un’ondata di leggi discriminatorie anti-LGBTQ, negli stati del sud e alle divisive elezioni del 2016.

Il coro guidato dal direttore Tim Seelig e affiancato dall’Oakland Interfaith Gospel Choir, ha portato un messaggio di musica, amore e accettazione, alle comunità e agli individui che devono affrontare l’intolleranza. Oltre 300 cantanti hanno viaggiato dal Mississippi al Tennessee. Si sono esibiti in chiese, centri comunitari e sale da concerto nella speranza di unire in un momento di differenza.

Il film racconta le sfide che Tim e gli altri membri del coro, hanno dovuto affrontare. Le proprie paure, i dolori e i pregiudizi, in un viaggio verso la riconciliazione. Le conversazioni e le connessioni che emergono offrono uno scorcio americano, dove le cose che dividono, fede, politica, identità sessuale sono messe da parte dal potere della musica, dall’umanità e dalla resistenza.

“C’è una tempesta. E noi dobbiamo imparare a ballare dentro la tempesta”, dice una voce narrante all’inizio del film

La pellicola ha vinto numerosi premi tra cui il premio alla critica al Tribeca Film Festival.