Be Rocky And Free Anytime

Be Rocky And Free Anytime
{la fotografia di Arianne Clément}

di Deborah Demoro {Docente}

Seni molli solcati dal tempo? Culi raggrinziti, ruvidi come pelle di gallina bruciata, colli informi e lunghi come fossero di giraffe? Canottiere scalda pancia? Mani artritiche e dita ricurve?
No. Io intravvedo nelle striature di pelle delle loro braccia, abbracci stretti al sole, la sfrontatezza del tempo, la lentezza della vita e i solchi di quello che è stato, nel bene e nel male.

Vedo mani che hanno dedicato carezze e durezze; vedo piedi che hanno corso nel vento, che ha soffiato loro incontro e contro, vedo gambe troppo magre attaccate a piedi oramai sottili e consumati da passi a volte “verso”, e altre veloci e ostinatamente in direzione contraria.

Gambe che non commemorano il foscoliano “suo dì tardi traendo” ma posano leggere, nella certezza che le radici àncorano a terra tutto quello che una posa non esitante può esprimere, per convincersi e convincere l’altro che la vita è ancora possibile e non solo nel respiro.

Sulla pelle vedo macchie di esistenza, alcune grandi e altre piccole, proprio come le gioie e i dolori che le hanno impresse come inchiostro proprio lí, in quel punto e non altrove.

Sono i tatuaggi invisibili della loro anima, il soffermarsi di un momento che non si può lasciar andare senza dargli una forma.
Sento il respiro farsi sottile mentre si distendono sorrisi in cui c’è una freschezza che solo la consapevolezza di attimi da fissare sa regalare.

Vedo silenzi forgiati di saggezza, vedo dettagli che fanno la differenza e gesti che nel tempo si sono rafforzati e fermati dentro quel, da me tanto amato, click.
Quindi, se è vero che i dettagli fanno la differenza, allora la differenza la fanno questi sguardi proiettati diritti nel mirino dello scatto, fermi nel presente e privi della compassione che a volte la caducità della terza età ci richiede.

Sono gli scatti dedicati a regalare un’immagine libera e del tutto originale all’età forte: basta zoommare lo sguardo per accorgersi che la fotografia di Arianne Clément ci regala un’idea della terza età completamente nuova, finora assente anche nell’arte.
I suoi scatti riescono a convincere lo sguardo che la vecchiaia non ha la possibilità di esprimersi solo nella solitudine e nelle lacrime, ma anche nell’estasi rugosa di un abbraccio che sa di infinito, di due nasi che si schiacciano l’uno sul viso dell’altra.

La luce delle sue immagini si perde nelle grinze della loro vita e il fuoco rimbalza da una ruga all’altra, subito lì attaccata per farsi solcare dallo scatto.
Il diaframma s’apre si chiude per catturare lo sfavillio di quegli occhi stretti da tanta eternità entrata, sguardi che sorridono autentici perché la vita, nonostante i suoi tranelli, non li ha saputi spegnere. Le grinze si fanno più fitte laddove la pelle cede e concede al tempo lento dello scatto di restare e mentre i click s’affannano, il respiro si fa sempre più leggero, sempre più libero.

In questi nudi il collo si fa tutt’uno col petto e i seni nascosti dal pizzo mostrano tutta la forza che hanno accumulato nel tempo.
La pelle dei visi di queste persone somiglia alla buccia di un frutto che ha sopportato le intemperie di tutte le stagioni, eppure resta attaccata al suo ramo senza esitazione, né tanto meno l’intenzione di lasciarsi cadere a terra.
Sono la scoperta che il passare del tempo non per forza compromette la voglia di vivere ma anzi può portare a ri-scoprire qualcosa di sé e qualcosa degli altri che possa ricondurci a una nuova speranza, a sfiorare un nuovo mare .

Le immagini di questa fotografa descrivono una sensualità che si esprime nella relazione con l’altro da sé e mostrano corpi energici e in salute smentendo così la sentenza di Seneca secondo cui la vecchiaia è di per sé malattia.

Le immagini di questa fotografa descrivono una sensualità che si esprime nella relazione con l’altro da sé e mostrano corpi energici e in salute smentendo così la sentenza di Seneca secondo cui la vecchiaia è di per sé malattia.

Lo psichiatra Vittorino Andreoli ha scritto un saggio che potrebbe essere considerato la parafrasi delle immagini di Arianne Clément e che si intitola “Una certa età”. In questo testo, scritto per i giovani l’autore cerca di regalare un’immagine dell’ultimo tempo della vita fatto di progetti e sogni, perché “un adulto si proietta nel futuro mentre un vecchio vive” nel qui e ora, nell’ adesso e non nell’attesa.

Discostandoci quindi dalla raffigurazione della Maddalena di Donatello o dall’autoritratto di Van Gogh nell’ospedale di psichiatria, in un momento storico in cui questo tempo della vita è considerato di troppo perché fa paura, proviamo a ri-pensarlo con la filosofia di Yazu!, non per essere Peter Pan vecchi ma per per dare dignità alla vita tutta e di tutti: be rocky and free, anytime!!