Hiro Murai
{Il Mondo surreale del talentuoso filmmaker giapponese}

di “Bettina” Abby Wright {Brixton-London}

C’è un tipo di magia che trasuda nel lavoro di Hiro Murai, talentuoso filmmaker giapponese, nato a Tokyo e stanziato a New York. Che si tratti di dirigere straordinari video musicali per artisti come Childish Gambino, FKA Twigs e del vincitore del Mercury Prize, Michael Kiwanuka, o di dirigere diversi episodi della famosa serie TV Atlanta, Murai infonde in ogni progetto tutto il suo stile surrealista, guadagnandosi la reputazione di uno dei filmmaker più richiesti di Hollywood.

Influenzato dai fumetti e dalle graphic novel, ha più volte dichiarato di creare i suoi Storyboard, costruendo la struttura della sequenza video basandosi sulla fisiologia dei manga. Allo stesso tempo la sua formazione è legata al disegno e all’animazione, sia quella Disneyana, sia quella di Hayao Miyazaki, ma anche contaminando moltissimo il suo stile con il cinema dei fratelli Coen e di Takeshi Kitano.

Dopo la laurea, Murai ha iniziato a lavorare come direttore della fotografia e a dirigere film a basso budget. Ma è da quando ha finito gli studi di cinema che Murai (vive a Los Angeles da quando ha 9 anni), realizza video musicali. A lui si deve, ad esempio, un altro piccolo capolavoro coreografico incentrato sui corpi in movimento: il video “Gold” (2014) di Chet Faker, in cui tre pattinatrici fluiscono a tempo di musica su una strada immersa nell’oscurità, in una danza sensuale che si allontana e si avvicina dalla telecamera.

Impossibile trovare qualcuno che non abbia visto “This is America” di Donald Glover aka Childish Gambino, Il pezzo è una critica spietata e rabbiosa della società americana che si trasforma, nelle mani di Murai, in una potente metafora dell’industria dell’intrattenimento e il suo politically correct cercando di distrarre dal orrore che ha luogo sullo sfondo: esplosioni, sparatorie, omicidi, gente che scappa dalla polizia, con Gambino che si accende uno spinello in piedi su una macchina. Hiro Murai, riesce a coniugare l’espressione dell’orrore con una pulizia formale rigorosa di un capannone vuoto. Gli equilibri cromatici, le composizioni formate da corpi che si muovono, ogni inquadratura diventa un frame virale.